L’origine è da collegare al declino di specifiche aree cerebrali, tra cui l’ipotalamo, in risposta a stimoli periferici (nutrienti e ormoni circolanti). Anche l’infiammazione, legata al processo di invecchiamento, contribuisce alla sua insorgenza e gioca un ruolo chiave nell’ anoressia associata a malattie croniche. Altre condizioni associate all’età possono inoltre contribuire a far comparire tale patologia come le alterazioni del gusto, dell’olfatto e della masticazione, le problematiche gastro-intestinali (es. il reflusso gastroesofageo e la stipsi), la riduzione dell’attività fisica, la depressione e la solitudine. Inoltre la riduzione globale dell’assunzione di cibo si associa a modelli alimentari alterati, caratterizzati da un minore consumo di cibi ricchi di nutrienti (e.g. carne, uova e pesce).
La riduzione dell’assunzione di cibo legata alla anoressia porta ad una riduzione della capacità di fare esercizio e a un calo della massa muscolare e della forza, ed è quindi coinvolta nello sviluppo della fragilità e nella compromissione della qualità della vita. Rappresenta quindi una delle principali sfide per la medicina geriatrica e non dovrebbe essere considerato come un inevitabile “effetto collaterale” dell’invecchiamento. Molti fattori di rischio sono stati infatti identificati e possono essere attivamente modificati attraverso piani di assistenza che puntano in prima istanza a garantire un miglioramento quali- e quantitativo della dieta ma che considerino anche la potenziale eliminazione di tutti i fattori che ne promuovono l’insorgenza.
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