Epilessia farmacoresistente

La parola “Epilessia” deriva dal verbo greco e′πιλαµβa′νειν (epilambanein) che letteralmente significa “essere sopraffatti, essere colti di sorpresa”.

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Questa malattia, che colpisce il sistema nervoso centrale, si caratterizza proprio per la persistente occorrenza di improvvise crisi convulsive che colgono senza alcun preavviso e si manifestano con movimenti involontari, bruschi ed incontrollati della muscolatura accompagnati, in alcuni casi, da perdita di coscienza.

Questi eventi possono avere durata breve tanto da passare inosservati, fino a prolungarsi per lunghi periodi e vengono definiti con il termine di “crisi epilettica”, che descrive una varietà di sintomi neurologici dovuti ad una scarica elettrica anomala, sincronizzata e prolungata da parte delle cellule nervose della corteccia cerebrale1.

L’impatto dell’epilessia sul paziente si estende anche a tutte le conseguenze neurologiche, cognitive, psicologiche e sociali di questa condizione.

L’epilessia è una tra le patologie neurologiche più diffuse e si stima che nei paesi industrializzati l’incidenza annua sia di 29-53 casi per 100.000 abitanti2. Ancora più sensibile è il problema all’interno della popolazione pediatrica ed adolescenziale (0-20 anni di età): in Europa sono circa 900 mila i bambini e i ragazzi che soffrono di epilessia3.

I farmaci antiepilettici (AED) rappresentano sicuramente la prima opzione terapeutica. Tuttavia fino al 36% dei pazienti in terapia può andare incontro allo sviluppo di una epilessia farmacoresistente e quindi non ottenere miglioramenti sensibili anche a seguito di politerapia farmacologica4.

Esistono anche altre alternative terapeutiche che possono essere prese in considerazione come l’intervento chirurgico, la stimolazione del nervo vago (VNS) e la dieta chetogenica.

Consigli nutrizionali

L’osservazione risalente agli anni ’20 che il digiuno può aiutare a sedare le crisi epilettiche ha portato alla messa a punto di un tipo particolare di dieta che simulasse questa specifica condizione. La dieta chetogenica induce nell’organismo la formazione di sostanze acide definite “corpi chetonici” (le stesse che si formano durante prolungati stati di digiuno).

Alla base del meccanismo d’azione della dieta chetogenica nell’epilessia sembrano esserci proprio queste sostanze che vengono prodotte dal fegato per sopperire alla mancanza di zucchero (glucosio) e diventano il carburante primario che il cervello utilizza per assolvere alle sue funzioni.

La dieta chetogenica è un trattamento non farmacologico indicato in pazienti con epilessia resistente ai farmaci e per quei pazienti in cui i farmaci antiepilettici provocano gravi effetti collaterali. 

Bibliografia

1. RS Fisher et al.ILAE Official Report: A practical clinical definition of epilepsy., in Epilepsia 2014 

2. Hauser WA. Incidence and prevalence. In: Engel J Jr, Pedley TA. Epilepsy: A Comprehensive textbook. Lippincott-Raven Publishers, Philadelphia, pp. 47-57, 1997 

3. Forsgren L, Beghi E, Oun A et al. The epidemiology of epilepsy in Europe – a systematic review. Eur J Neurol. 2005; 12:245-53.  

4. Kwan P, Brodie MJ. Early identification of refractory epilepsy. N Engl J Med 2000; 342: 314-319.